Ho vissuto con un Santo

Dziwisz e Giovanni Paolo II

Dziwisz e Giovanni Paolo II

L’ex segretario di Wojtyla nel libro intervista presentato oggi: sulla lotta alla pedofilia pieno accordo tra Giovanni Paolo II e Ratzinger. E anche nella fase della malattia era il Papa a prendere decisioni
Andrea Tornielli
Città del Vaticano

Il cardinale Stanislao Dziwisz, già segretario di Giovanni Paolo II, parla del beato Karol Wojtyla che il prossimo 27 aprile sarà proclamato santo da Papa Francesco. Lo fa nel libro intervista «Ho vissuto con un Santo», una conversazione con il vaticanista

Gian Franco Svidercoschi (Rizzoli, pp. 220, 17 euro, in libreria dal 6 novembre). Due passaggi significativi dell’intervista sono dedicati ad altrettanti temi delicati e scottanti. Il primo riguarda la lotta alla pedofilia clericale, il secondo l’effettiva capacità decisionale del Papa malato.

Quanto al primo caso, sono note le polemiche relative alle protezioni di cui ha goduto il fondatore dei Legionari di Cristo, padre Marcial Maciel. Dziwisz, rispondendo in generale su fenomeno, dichiara: «Sono sincero, non ho risposte sicure da dare. L’unica cosa che posso dire – essendone venuto a diretta conoscenza – è che, fin dal primo momento in cui lo scandalo scoppiò, specialmente negli Stati Uniti, ci fu un perfetto accordo nel come affrontarlo tra Giovanni Paolo II e il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Quando a Roma si accorsero di come tanti vescovi non riuscissero a risolvere i loro casi, utilizzando le norme formulate al riguardo dal nuovo Codice, oppure attivando i rispettivi tribunali diocesani, allora il Santo Padre e il cardinale Ratzinger arrivarono insieme a quella decisione.

E infatti, il 20 aprile 2001, venne reso noto un documento dove si stabiliva che l’abuso sessuale di un minore da parte di un chierico venisse inserito nell’elenco dei delitti canonici riservati esclusivamente alla Congregazione per la Dottrina della Fede».

«Trovo perciò insulso – ribadisco: insulso! – che alcuni – spiega il cardinale Dziwisz nel libro – continuino a mettere in contrapposizione, su tale questione, Giovanni Paolo II e il cardinale Ratzinger (prima come prefetto della Congregazione e poi da Papa), attribuendo all’uno o all’altro la volontà di occultare quella spaventosa piaga.

E comunque è un fatto che anche un Papa, se non aiutato, se non sostenuto dal Collegio episcopale, può incontrare grosse difficoltà a risanare certe situazioni, per quanto gravi, per quanto scandalose possano essere».

Un’altra risposta significativa riguarda la capacità decisionale del Papa malato, su questa e su altre materie. Sono stati diversi coloro che, anche nella Curia romana, hanno considerato eccessivo il potere esercitato da don Stanislao Dziwisz nell’ultima fase del pontificato.

«Anche questa è una cattiveria – risponde l’attuale cardinale di Cracovia – Una cattiveria e una falsità. Forse si dimentica quello che è successo nella Chiesa e nel mondo dopo il Giubileo del 2000. Se si va a rileggere la cronaca di quegli anni, si vedrà come Giovanni Paolo II sia stato presente in ogni evento con la sua parola ferma e coraggiosa: anche se, evidentemente, non più con lo stesso vigore dei primi tempi del pontificato.

E, per quanto ne so, non è mai stata presa alcuna decisione a sua insaputa. Con grande sofferenza, questo sì, e il corpo piagato dalla terribile malattia, impedito di camminare e poi persino di parlare, ma papa Wojtyla è stato sempre lucido, pienamente lucido, e ha guidato la Chiesa fino alla fine con saggezza, equilibrio e – ripeto – con grande coraggio. Come aveva sempre fatto».

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