Il vaticanista Gianluca Barile riceverà il Riconoscimento Giovanni Paolo II

di Grazia Pia Attolini

Presidente dell’Associazione Internazionale “Tu es Petrus”, giornalista vaticanista, scrittore, “Papista” e profondamente devoto alla figura del successore di Pietro: è il profilo di Gianluca Barile, l’ultima (in ordine di presentazione) delle personalità insignite dell’Edizione 2015 del Riconoscimento “Giovanni Paolo II-Città di Bisceglie”.
A 10 giorni dal grande evento, che vedrà nella splendida cornice della Concattedrale di Bisceglie esponenti del mondo laico ed ecclesiastico dare testimonianza della santità di Papa Wojtyla, Barile traccia una panoramica dei tre Papi avvicendatisi negli ultimi decenni: “Giovanni Paolo II è stato un grande trascinatore di folle, Benedetto XXVI un grande trascinatore di cervelli, Papa Francesco è un grande trascinatore di cuori”. Dalla sua passione e profonda devozione per il Magistero petrino all’importanza del Papa nella sua vita: ecco come Barile ha risposto alle nostre domande.

Ha mai incontrato e conosciuto Giovanni Paolo II?
«Personalmente no, ma è stato come una persona di famiglia, un punto di riferimento importantissimo. Ero a TorVergata nel 2000 e ho bene impresse le sue immagini sui maxi schermi; ancora oggi, a ripensarci, mi viene la pelle d’oca. Eravamo milioni di giovani e lui, così anziano, così ammalato, sembrava più giovane di tutti noi messi insieme! L’Associazione “Tu es Petrus” nasce proprio a cavallo tra il suo ritorno al Cielo e l’elezione di Benedetto XVI, come a voler rendere omaggio al passaggio di testimone tra un grande Pontefice e l’altro. Quando mi è stata comunicata la notizia del vostro Riconoscimento, il mio pensiero è andato subito a quel 2 aprile del 2005, un giorno tragico, uno dei più brutti della mia esistenza, e mi sono commosso di nuovo al ricordo della dipartita di Giovanni Paolo II. Tuttavia, quel suo “Non abbiate paura!”, gridato il giorno del suo insediamento, quando io avevo appena due anni, risuona nella mia mente e nel mio cuore, ogni volta che devo prendere una decisione importante».

Come nasce la sua passione e profonda devozione per la figura del successore di Pietro?
«Nasce dai tempi del Catechismo, quando in Parrocchia si insegnava ancora ad ascoltare e ad amare il Papa. Nasce dai racconti del mio compianto Direttore Spirituale, Padre Giuseppe Guglielmoni, che si appassionava ad illustrarmi la figura di Pietro, questo Apostolo così contraddittorio, che prima dice a Gesù “Tu il Cristo, il Figlio del Dio vivente” e poi lo rinnega tre volte nel momento buio della Passione. Mi sono sempre interrogato sulle motivazioni per cui è stato scelto proprio Pietro, questo Apostolo così tormentato, come Capo della Chiesa nascente e primo Papa; con gli anni ho capito che è stato il modo con cui Gesù ha voluto dirci che siamo chiamati tutti, dentro e fuori la Chiesa, ad avere la stessa conversione di Pietro, ogni volta che ci capita di tradire Cristo con la nostra miseria, i nostri peccati. Poi i racconti della mia nonna paterna, che si chiamava Rosa ed era molto legata a Giovanni XXIII, la storia della mia stessa nascita, avvenuta dopo una Novena di mia mamma Mafalda a Pio XII per evitare (il rischio era elevato) che io morissi prima ancora di vedere la luce, e la crescita in ascolto di Giovanni Paolo II, hanno inciso profondamente sulla mia devozione per Pietro ed i suoi Successori».

Ci racconta qualcosa in più sulla fondazione di “Tu es Petrus”?
«L’Associazione nasce da una mia idea e del Cardinale Francesco Marchisano di venerata memoria, a cui devo moltissimo, che conobbi nel 2005 e si era subito fidato di me. Essa di prefigge di divulgare l’Apostolato del Papa, Vicario di Cristo e Successore di Pietro; prendere a concreto modello etico-sociale-spirituale la figura del Sommo Pontefice; santificare i suoi membri a maggior gloria di Dio; approfondire la conoscenza del Magistero della Chiesa; curare la formazione spirituale degli iscritti; promuovere una vita coerente ai principi cristiani con l’ascolto della Parola di Dio e la partecipazione ai Divini Misteri, alla preghiera comunitaria e alle pratiche di pietà; promuovere, nello spirito del volontariato, la solidarietà umana e cristiana con iniziative socio-caritative, particolarmente rivolte agli ammalati, ai bisognosi, agli immigrati e ai carcerati».

Ha confessato in più occasioni che Benedetto XXVI è stato come un suo secondo papà e che ha cambiato la sua vita: in che senso e perché?
«Sarò sintetico: mi ha insegnato che Cristo non toglie nulla, ma dona tutto».

Come ha considerato le sue dimissioni?
«Come un gesto unico di umiltà in un’epoca in cui persino neanche un amministratore di condominio dà le dimissioni pur di salvare la propria poltrona! C’è comunque da evidenziare che Benedetto, cme affermato da lui stesso, ha rinunciato “all’esercizio attivo del ministero petrino”: questo vuol dire che c’è anche un esercizio passivo, quello completamente riservato alla preghiera, che lui sta esercitando, nel “recinto di Pietro”, per Papa Francesco ed il popolo dei fedeli. Il Papa è Francesco, ma può contare sulla preghiera del Papa emerito. Questa simbiosi mi affascina ed è molto bella. Penso che un giorno Benedetto passerà alla storia Magno, Dottore della Chiesa e Santo dell’umiltà. Mi spiace solo che in molti l’abbiano rivalutato dopo la rinuncia al ministero. Quando era Papa, si ricorderà, si tendeva, nell’opinione pubblica internazionale, a dipingerlo come un uomo freddo, quando invece è di una tenerezza infinita».

Perché Papa Francesco, a cui ha presentato, poco dopo la sua elezione, il Premio Internazionale “Tu es Petrus”, giunto quest’anno alla sua X Edizione, è così tanto amato? Lei che è un “Papista”, perché ritiene sia importante amare il Papa oggi? E da un punto di vista mediatico, perché la sua figura è benevolmente accettata dai più, anche da coloro che forse fino a poco tempo fa erano distanti dalla fede e dalla Chiesa?
«Papa Francesco è un Santo vivente. È Gesù vestito di bianco. È il dono più grande che Dio potesse fare al mondo, non solo alla Chiesa, in questa epoca così egoista. Papa Francesco è venuto a ricordarci, dando per primo l’esempio, che nel nostro prossimo, c’è sempre la Carne di Cristo. Un Papa così, un uomo così, è inevitabile che venga amato, perché è puro come un bambino della prima Comunione, non finge, è spontaneo, davvero Papa Francesco è un magnifico segno di Dio e il mio cuore sarà per sempre accanto al suo! Circa la sua popolarità, farei una precisazione. È vero che il Papa gode di un grande consenso in vari settori dell’opinione pubblica. È anche vero, però, che ha polso fermo, è assolutamente ortodosso e fermo nella Dottrina, non è per niente affatto tiepido nell’affrontare le questioni relative ai cosiddetti valori non negoziabili (vita, famiglia…): sta ribadendo con grande energia che la vera famiglia è solo quella formata da un uomo e una donna, sta gridando continuamente il suo no all’aborto. Il mio timore è che gli stessi media che ieri lo osannavano, tra non molto inizieranno a criticarlo. Ma questo può solo fare onore al Papa».

Domanda di rito. Lei come ha accolto la notizia del Riconoscimento “Giovanni Paolo II”?
«Con gioia, ma anche con imbarazzo. Sono piu abituato a darli, i Premi, che non a riceverli. Poi, visto il parterre dei premiati, mi sento un po’ a disagio. Non ho fatto nulla di importante nella mia vita, se non dedicarmi alla figura del Papa e, nel limite delle mie possibilità, al prossimo. Metterò il Premio dedicato a Giovanni Paolo II, ai piedi della Madonna della Speranza, Patrona della mia Battipaglia, senza la quale non avrei potuto fare nulla in vita mia»

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