Intervista, Giacomo Celentano: “Sono tornato a vivere grazie alla fede”

di Grazia Pia Attolini

Tra i premiati della sesta edizione del Riconoscimento Giovanni Paolo II, la testimonianza di Giacomo Celentano è certamente tra le più attese. Figlio di papà Adriano e mamma Claudia Mori, ha conosciuto una profonda crisi ma grazie alla fede è rinato dalla macerie della malattia fisica e del malessere interiore.

In attesa di maggio e di ascoltare il suo sì alla vita, ecco come il cantautore si racconta.

Come ha accolto la notizia del Riconoscimento?

Non sono avvezzo a ricevere premi e a credere di meritarli, tuttavia questo premio ha un significato particolare perché legato alla figura di San Giovanni Poalo II, per cui ho accettato molto volentieri: portare la mia testimonianza di fede è un onore.

Che ricordo ha di Papa Woytjla?

È il papa della mia gioventù, non l’ho conosciuto ma è nel mio cuore. Penso che lo Spirito Santo sceglie sempre il Papa adatto ad ogni epoca: lo è stato Papa Giovanni Paolo II a suo tempo, lo è adesso Papa Francesco, che da grande comunicatore, con semplicità arriva al cuore delle persone.

Cresciuto in un mondo dove la fama e il successo sono tutto, hai passato un lungo periodo di malessere, hai poi scoperto la fede e la tua vita è cambiata, in meglio. Ci racconti la sua storia di vocazione, descritta anche nel suo primo libro “La luce oltre il buio”

Subito dopo il militare, a 21 anni, mi sono catapultato nel mondo della musica e – adesso posso dirlo – in maniera sbagliata: volevo raggiungere la fama di papà Adriano, volevo emularlo, ma non c’era niente di più sbagliato: agli occhi di Dio ognuno è unico e irripetibile. Dio per me aveva tutt’altro progetto. Nel 1989 è uscito il mio primo album “Dentro il bosco” con l’etichetta di Caterina Caselli: avevo davanti un futuro più che roseo. Avevo iniziato ad altissimi livelli. Ero tutto dedito alla musica e avevo abbandonato la fede in Gesù: vivevo come il classico figlio di papà e Dio non c’era nella mia vita. Ero io ad averlo abbandonato. Nel 1990 dopo una breve tourneè, di notte mi sono ammalato di ansia: da quel momento l’ansia ha incominciato a somatizzarsi; venivo colto da attacchi di insufficienza respiratoria. Avevo solo 24 anni e non riuscivo più a cantare. Tutti i medici, tuttavia, dicevano che stavo bene; dicevano a mia madre: “Suo figlio è sano!”. Di fatto, però, respiravo come un vecchio di 80 anni. In pochi mesi persi gli amici, fui lascato dalla mia fidanzata dell’epoca e anche i miei genitori non riuscivano a comprendere cosa avessi. Ero solo con la mia malattia, in completa solitudine. Si accese, poi, dentro di me una domanda: ma Dio perché mi ha mandato questa malattia? Quale progetto aveva Dio per me? Ho incominciato così un cammino vocazionale con un frate di Milano, padre Emilio. Facemmo un percorso di 2 anni insieme: io premevo per entrare in convento e lui invece frenava, perché leggeva la mia vocazione come un ripiegamento su me stesso. Mi diceva: “Giacomo, se Dio domani ti dovesse ridare il dono della voce? Se dovessi stare meglio? Diventeresti lo stesso frate?” La mia risposta era: “No!”. Capì che non era una vera vocazione, ma un rifugio. Intanto mi davo da fare: ho compiuto molti lavori umili per mantenermi e così ho trascorso quelli che definisco “i 7 anni bui della mia vita”, corrispondenti agli anni dal 1990 al 1997. Poi ho conosciuto una ragazza molto credente, di nome Katia: fu la svolta della mia vita. Ha portato nella mia vita il volto misericordioso di Dio, il culto della divina Misericordia: una vera ventata di amore da parte del Signore. Siamo stati fidanzati 4 anni e mezzo, poi ci siamo sposati. La mia rinascita è stata supportata sì da una cura farmacologica, ma non ci sarebbe stata senza la fede; sono stato guarito da Gesù, ho unito la fede alla scienza e ho sconfitto l’ansia. Oggi ho ripreso il mio lavoro di cantautore e mi dedico anche alla scrittura e sono felice perché ho ripreso anche a cantare. Inoltre, ho messo a disposizione del Signore il mio talento, così adesso canto l’amore, ma anche l’amore di Dio. Mi diletto infatti a scrivere sia canzoni pop che religiose. Oggi io, Katia e Samuele siamo una piccola famiglia cristiana che cerca di vivere il Vangelo, pur nelle cadute.

Cosa pensa della famiglia? Ultimamente si è schierato pubblicamente contro le unioni civili.

Credo nella famiglia cristiana. Penso che se molte famiglie si sfasciano è perché c’è la paura della responsabilità. Si è in balia del mondo, sembra che tutto si risolva con la tecnologia. Invece all’interno della famiglia riscopriamo che senza Dio non c’è né futuro, né presente.

Nel suo secondo libro “Nel nome del padre” (edito nel 2014) affronta il tema della paternità. Perché questa scelta?

Nel mio libro approfondisco e tratto la figura del padre da varie angolazioni: il rapporto con il Signore, quello con mio figlio Samuele e il rapporto con mio papà Adriano. Oggi la figura del padre è in crisi: sembra basti la mamma con i figli per fare famiglia. Invece il progetto di Dio è sempre stato quello della famiglia cristiana composta da mamma, papà e figli. Parlare della crisi del padre, dunque, è parlare della crisi della famiglia, il cui valore va riscoperto.

Quale, dunque, il suo rapporto con papà Adriano?

Siamo due giocherelloni e mi rendo conto che io sono lo stesso con mio figlio Samuele. Abbiamo sempre avuto un rapporto meraviglioso, perché condividiamo gli stessi ideali e valori: la fede, la famiglia, il valore del lavoro inteso come trafficare i talenti che Dio ci dà.

A breve l’uscita del suo ultimo libro: di cosa si tratta?

Si intitola “I tempi di Maria” ed è edito da Edizione Itaca. Si tratta di un cofanetto: all’interno c’è anche il videoclip del mio nuovo singolo che parla di fede. L’uscita è prevista a fine gennaio. Tra i nuovi progetti, cito anche il nuovo album a cui sti lavorando e che sarà pronto per la primavera.

Un messaggio per i giovani pugliesi impegnati nel concorso abbinato al Riconoscimento che quest’anno ha come tema “il sì alla vita”.

Cari ragazzi, crediamo più fortemente nel sacramento della confessione: è importante perché Gesù tramite la riconciliazione ci ha dato modo di rialzarci e di riprendere il cammino di fede verso di lui.

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