Povia tra fede, fragilità, semplicità: la testimonianza al 9 Riconoscimento

Come hai accolto la notizia del Riconoscimento?

Con grande gioia, sono molto legato a Papa Giovanni  Paolo II, al suo incontro con Padre Pio e al suo operato. Mi ricordo che nel 2005 disse: “Sono felice di aver sentito quella bella canzone sui bambini a Sanremo”.

Le tue canzoni spesso hanno sollevato accesi dibattiti. Fughiamo subito da polemiche e accuse che spesso le sono state rivolte, come quelle di razzismo e omofobia. Puoi spiegarci il vero significato di quelle canzoni e quali sono i messaggi che vuoi veicolare attraverso la tua musica?

Nessun razzismo o discriminazione. Sono stato criticato per la canzone “Immigrazìa”, ispirata tra l’altro ad un pensiero di Karl Marx sull’immigrazione irlandese nel 1870. Nel brano contesto lo sfruttamento della povera gente che rischia la vita e spesso la perde per arrivare in posti più dignitosi. Il capitalismo costringe i popoli a comprimere il proprio tenore di vita, creando scontento e scontro politico e sociale. Il grande potere colonialista dovrebbe dare la possibilità ai paesi poveri di svilupparsi. Papa Giovanni nel 2003 disse la stessa cosa, costruire condizioni di pace e concedere anche il diritto a non emigrare. Omofobia significa, dal 1971, avversione nei confronti dei gay e io non ho nulla contro, vivo e lascio vivere. Vengo attaccato solo perché ho dichiarato che per me i bambini dovrebbero crescere con una mamma e un papà, tutto qua. Dobbiamo ricordarci che siamo in democrazia e quando la si pensa diversamente, tu della tua io della mia, non succede mica nulla di grave.

Com il testo “La verità” hai affrontato un tema molto delicato e anche in quel contesto qualcuno nel mondo cattolico ha levato la voce definendolo un inno pro eutanasia . Cosa volevi indicare con un testo così forte e struggente?

La canzone non parla di eutanasia, lo dico da sempre. Il brano parla di una vita oltre la morte. So che è difficile per alcuni crederci ma io credo alla vita eterna.

Con “Vorrei avere il becco” ti sei aggiudicato la 56^ edizione del Festival di Sanremo. Credi sia possibile al mondo d’oggi “accontentarsi delle briciole” per essere felici?

Per me sì, accontentarsi è un verbo importantissimo e sottovalutato. Vuol dire essere contenti.

Tra i tuoi ultimi singoli c’è “Cameriere”. Come tu stesso ha spiegato, si tratta di una metafora. È meglio servire qualcuno o servire a qualcuno?

Cicerone diceva “non nobis solum nati sumus” e cioè non siamo al mondo solo per noi stessi. Mi fa stare bene essere di aiuto per qualcuno e cercare il suo bene.

“Ci dicono sempre che qualcosa cambierà ma per ora soltanto parole” recita un verso della canzone “Non basta un sorriso”. Cosa può fare ciascuno di noi per passare ai fatti e fare di più?

Si dice che ognuno nel suo piccolo può contribuire a fare del bene al mondo e credo che sia di più la gente per bene. La domanda andrebbe rivolta ai potenti del mondo. Loro potrebbero davvero creare per tutti la cosa più importante e cioè poter vivere con dignità.

Hai sempre sostenuto diverse azioni solidali e ti sei impegnato in molteplici occasioni, puoi raccontare qualche esperienza e che segno ti hanno lasciato?

Sono tantissime le esperienze solidali a cui ho fatto parte. La prima per i bambini del Darfur nel 2005, l’ultima lo scorso novembre sempre per l’assistenza ai bambini malati in casa e non all’ospedale. Portare un po’ di gioia e musica donando qualche ora di distrazione ai bambini mi fa sentire bene.

Sei un cantautore che non compone pensando solo a temi quali cuore- amore – sole, anzi racconti la vita nei suoi aspetti più reali e talvolta duri e crudi, per questo ritenuto scomodo e bersaglio di polemiche . Come vivi questa esperienza umana e artistica che sicuramente ti costa molto in termini professionali e umani?

Le polemiche arrivano quando qualcuno ti fraintende o magari la pensa diversamente, ma io la vivo sempre in modo sereno e quando non ci si trova d’accordo, come ho gia’ detto, esiste la democrazia, tu della tua io della mia. Io sono per la stretta di mano e non per lo scontro.

Batti cuore, attacchi di panico, ansia, solitudine, depressione: ne soffrono grandi e adolescenti, ne ha sofferto anche lei, ma a un certo punto qualcosa è cambiato grazie alla preghiera. Vuole raccontarci cosa è successo? Come la fede ha migliorato la sua vita?

Lo racconto sempre sorridendo perchè molti mi prendono in giro. Ho avuto un segno da Padre Pio, era un periodo brutto della mia vita, nessuno era in grado di aiutare la mia mente e ho cominciato a pregare disperatamente come ultima speranza. Ad un certo punto è accaduto qualcosa di bello, un’energia dentro l’anima. Da quel momento i periodi brutti sono diventati meno brutti e quelli belli sono diventati più belli. La fede dà una marcia in più quando vivo uno sgomento sento di non essere solo.

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