Riconoscimento 2015, Don Davide Banzato si racconta: “Tutto ma mai prete e invece adesso annuncio il Vangelo per le strade”

di Grazia Pia Attolni 

Impegnato in attività di recupero di tossicodipendenti, responsabile dell’evangelizzazione della comunità Nuovi Orizzonti, cresciuto seguendo la gioia di Papa Wojtyla, don Davide Banzato sarà a Bisceglie il 16 maggio per ricevere il Riconoscimento Giovanni Paolo II – città di Bisceglie. Insieme a lui ci saranno anche il cantante Nek e la fondatrice di Nuovi Orizzonti, Chiara Amirante, tutti e tre attivi a vario titolo nella Comunità internazionale che interviene in tutti gli ambiti del disagio sociale, realizzando azioni di solidarietà a sostegno di chi vive situazioni di grave difficoltà.

Don Davide Banzato

Don Davide si racconta ai biscegliesi in attesa di maggio : dalla sua esperienza vocazionale, al rapporto con Giovanni Paolo II, dall’evangelizzazione al rapporto dei giovani di oggi con la fede. Ecco come ha risposto alle nostre domande il sacerdote che diceva “tutto, ma mai prete” e oggi vive nella gioia dell’annunciazione del Vangelo tra le strade della Roma bene.

Ordinato sacerdote nel 2006 ha vissuto un percorso di fede particolare che lo ha portato prima ad entrare in seminario da adolescente e poi a darsi ai piaceri della vita, per poi ritrovare l’amore di Cristo. Come arriva ad essere quello che è oggi don Davide?
Vengo da un ambiente familiare legato alla parrocchia, ai valori cristiani, alla vita associativa (sono stato scout, ho partecipato all’ACR); a 11 anni sono entrato nel seminario minore di Padova per circostanze apparentemente casuali, incantato da una struttura con 7 campi da calcio e tanti giovani che vedevo spensierati durante i raduni diocesani. La realtà mi si rivelò diversa quando mi trovai come seminarista sradicato dalla famiglia e ferito da un modello educativo fuori del tempo, in una “campana di vetro. Accade così a un certo punto della mia vita che di allontanarmi dalla chiesa e da Dio in modo brusco: guardavo il cielo e dicevo: “Dio, da ora in poi, se tu esisti farò tutto il contrario di ciò che mi hanno insegnato perché se starò bene vuol dire che non ho bisogno di te e decido io cosa è bene e cosa è male, ma se per caso sentirò che mi manchi tornerò da te”. Da allora la seconda sfida e promessa che mi feci fu di fare tutto, fuorché il prete. Così ho vissuto un tempo all’insegna del “fai ciò che vuoi”: ero un ragazzo normale con tanti amici, giocavo a calcio, facevo i festini il sabato sera.

Chiara Amirante

Il frutto del salario del peccato è la morte dell’anima, dice San Paolo ed io stavo conoscendo la mia morte: avevo tutto ma in realtà nulla, perché avevo detto di no a Dio nel mio cuore, mi sentivo vuoto e stavo spegnendomi dentro. Quando ho toccato il mio fondo ho capito che la scommessa l’aveva vinta il Signore. Il giorno dopo questa consapevolezza accade poi una di quelle che a me piace chiamare Dioincidenze: ho incontrato una persona che mi ha riportato a Nuovi Orizzonti. Avevo infatti già conosciuto Chiara Amirante quando avevo 14 anni e aveva colpito che quella era la strada della mia vita, ma l’avevo persa. La fatalità ha voluto che tutto è ripartisse proprio di lì. Sono tornato a Nuovi Orizzonti, ho fatto una prima esperienza in cui ho davvero toccato con mano la Misericordia di Dio e da allora non sono più tornato indietro. A ripensarci a volte mi commuovo ancora: da un momento all’altro mi sono ritrovato a pregare tutti i giorni, a cercare di imitare il Vangelo nella quotidianità ed è tornato Dio nel mio cuore. Poi un altro percorso più lungo che mi ha anche portato a riscoprire quella chiamata che per me è stata molto sofferta: intanto mi ero fidanzato e dire di sì a Dio mi è costato sofferenza, ma alla fine solo seguendo la sua chiamata ho potuto realizzarmi pienamente.

Veniamo al Riconoscimento e alla figura di Giovanni Paolo II. Hai mai incontrato Papa Wojtyla?
Ho avuto la fortuna di incontrare Papa Francesco e Benedetto XXVI anche privatamente, ma Giovanni Paolo II no. Tuttavia Papa Wojtyla mi ha segnato profondamente. Io sono uno dei ragazzi della generazione di Giovanni Paolo II, sono cresciuto con lui, mi ha formato. Ho partecipato alla GMG del 2000 e l’ho incontrato in modo ravvicinato, seppur tra la folla. Ciò che ricordo in maniera più emozionante è proprio quell’occasione e le sue parole: “Se sarete quello che dovete essere metterete fuoco in tutto il mondo”. Nei miei occhi c’è ancora il suo sguardo: appena parlava l’aria veniva elettrizzata, è la percezione della potenza dello Spirito Santo che accompagnava sempre quel piccolo grande uomo che ha saputo veramente essere un alter Christus in toto, quando era forte e fino agli ultimi istanti della sua vita. E io mi porto questo nel cuore, soprattutto il suo sguardo.

Giovani e fede. Come avvicinare le nuove generazioni al Vangelo, soprattutto tra i diffidenti? Lo sperimenti ogni giorno…
Io non trovo mai giovani diffidenti, ma striditi. Trovo persone ferite dalla vita, dalle circostanze, dagli eventi. Avvicinare la parola del Signore a questi ragazzi necessita di porsi innanzitutto nello stesso atteggiamento di Gesù; noi non dobbiamo fare nulla di diverso e nuovo, la nuova evangelizzazione è in realtà l’evangelizzazione di sempre: Gesù è andato per le strade e lo stesso siamo chiamati a fare noi. Si tratta quindi di riportare il Vangelo li dove è nato: in strada, a contatto con le persone, da cuore a cuore. Questo è il modo più semplice. Non si tratta di opera di convincimento, di marketing, non è che Gesù ci dice convincete, ci dice: annunciate; per cui offro una possibilità di testimonianza ed ascolto e tocco con mano la tanta gioia tra i giovani dopo i nostri incontri. La sete di Dio tra loro è pazzesca. E riporto un esempio che Chiara fa sempre: se porti un bicchiere d’acqua nel deserto non è che devi spiegare alle persone cosa è o le proprietà dell’acqua, un uomo assetato beve e basta. Così i giovani si nutrono di Dio senza troppe domande, perché ne hanno bisogno, come l’acqua nel deserto.

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