Virginio artista tra cuore e musica

Come hai accolto la notizia del Riconoscimento?
Quali ricordi serbi del Santo polacco?

Giovanni Paolo II è stato il primo Papa che ho conosciuto e ho molto ricordi legati alla sua figura, dolce e allo stesso tempo dura, di polso e carismatica. Questo Premio mi onora e mi ricorda questa grande figura simbolo della nostra epoca.

Esordisci da giovanissimo, come protagonista a sanremo e poi Amici e da allora non ti sei più fermato: a quale brano che hai interpretato ti senti maggiormente legato?

Indubbiamente “Davvero” che è stata la prima canzone scritta da me che ho cantato in un contesto professionale come quello del Festival di Sanremo. Il mio primo vero passo verso questo mestiere difficile e affascinante.

Essere un cantautore è una forma d’arte. San Giovanni Paolo II diceva che l’arte è esperienza di universalità. Cosa vuol dire per te cantare e comporre?

Significa comunicare con le altre persone, sentirsi vicino a una moltitudine di anime assetate di poesia e di capirsi dentro, anche in maniera nuova e leggera. Perché l’arte deve saper anche sorprendere. Io lavoro sempre tanto sulla mia evoluzione cercando di cambiare, pur restando sempre riconoscibile. È una cosa importantissima per me.

Raccontaci della tua esperienza in prima linea nel sociale.

Beh, la musica per me è una cura, un abbraccio che arriva a cullarti o a svegliarti e farti ballare. Per questo con la mia musica cerco di sostenere, insieme al mio Fanclub, le cause che mi stanno più a cuore, dal bullismo alle condizioni delle persone detenute nelle carceri. Dalle scuole di musica che hanno bisogno di strumenti musicali nuovi alle associazioni ludiche per ragazzi in difficoltà. Tutto questo è fondamentale per me e per chi mi segue.

I tuoi progetti per il futuro e il messaggio che vuoi lanciare ai giovani che stanno partecipando al concorso Educare alla pace per giungere alla pace

La pace non è qualcosa di astratto, ma è anzi un concetto molto terreno. Bisogna capire che educare alla pace vuol dire collaborare, capire l’altro, accogliere le diversità, sentirsi parte di un grande pianeta e non di una nazione o di una città. Wojtyla avrebbe detto che siamo tutti figli dello stesso padre e io la penso allo stesso modo. Dobbiamo imparare ad essere umani, in quanto esseri umani.

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