Zenon Card. Grocholewski Beato perché hai creduto! Omelia pronunziata durante la Santa Messa celebrata in occasione del IV Riconoscimento “Giovanni Paolo II”, Bisceglie 17 maggio 2015

Zenon Card. Grocholewski

Beato perché hai creduto!

Omelia pronunziata durante la Santa Messa celebrata in occasione del IV Riconoscimento “Giovanni Paolo II”, Bisceglie 17 maggio 2015

Solennità dell’Ascensione del Signore, anno B

1. Beato te, amato Papa Giovanni Paolo II, perché hai creduto!

a. Nel Vangelo di oggi (Mc 16, 15-20) abbiamo sentito le parole di Gesù rivolte agli Apostoli prima della sua Ascensione in cielo: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”. Quindi in questo ultimo momento della sua permanenza visibile sulla terra Gesù ha ricordato loro il compito di proclamare a tutti il Vangelo e ha spiegato che dipenderà dalla fede se questa loro proclamazione condurrà alla salvezza o no. “Chi crederà darà salvato, ma chi non crederà sarà condannato”.

Il problema della fede è cruciale nella nostra vita cristiana. Oggi la crisi della Chiesa è in fondo crisi della fede. Il Santo Padre Benedetto XVI ha scritto in una Lettera ai Vescovi (10 marzo 2009) la preoccupante frase: “Nel nostro tempo […] in vaste zone della terra la fede è in pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento”. Per tale ragione egli ha proclamato poi l’Anno della Fede, invitandoci a riflettere su questo problema vitale.

Siccome celebriamo ora il mese di maggio, mese di Maria, e questa Santa Messa è inserita nella celebrazione del “Riconoscimento San Giovanni Paolo II”, vorrei ricordare che quel Pontefice nella sua Enciclica Redemptoris Mater (25 marzo 1987), dedicata a Maria, prende come parole chiave proprio le parole di Elisabetta rivolte a Maria “E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1, 45). “Beata colei che ha creduto”! San Giovanni Paolo II ha espresso la sua grande ammirazione per la fede di Maria, mettendo in rilievo che questa sua fede si è manifestata non soltanto nell’Annunciazione, ma in tutta la vita di Maria che fu un “cammino di fede”, anche quando stava sotto la croce (cf. nn. 12-19) e che “Maria è diventata realmente presente nel mistero di Cristo proprio perché «ha creduto»” (n. 12).

È molto significativo che, nell’omelia per la beatificazione di san Giovanni Paolo II, il papa Benedetto XVI ha riferito a lui – a Giovanni Paolo II – le parole di Elisabetta. Infatti, ha detto: “Beato te, amato Papa Giovanni Paolo II, perché hai creduto!”, “Beato te […], perché hai creduto!”. In realtà, la fede fu la fonte principale dell’affidamento di quel grande Papa a Dio, del suo entusiasmo verso i Misteri della fede e della sua volontà di sanare ed arricchire con la fede in Cristo il mondo contemporaneo.

Il papa Benedetto XVI poi ha proseguito: “Oggi è stato proclamato Beato un Papa, un Successore di Pietro, chiamato a confermare i fratelli nella fede. Giovanni Paolo II è beato per la sua fede, forte e generosa, apostolica”. Ed ha concluso la sua omelia con le parole della preghiera, tanto impellente nella realtà odierna: “Beato te, amato Papa Giovanni Paolo II, perché hai creduto! Continua – ti preghiamo – a sostenere dal Cielo la fede del Popolo di Dio”.

2. La fede è come una notte

a. La fede è come una notte, una notte buia, disseminata di stelle. Infatti, San Giovanni della Croce – questo grande mistico della cristianità – parlava proprio della notte oscura della fede nella vita spirituale. Ma non è vero che durante la notte si vede di meno, al contrario durante la notte si vede molto di più! Durante il giorno, sì, vediamo più chiaramente, più precisamente (possiamo perfino toccare, misurare le cose), ma vediamo poco, vediamo soltanto ciò che ci circonda; il nostro campo visivo è molto limitato. Durante la notte, è vero, vediamo meno chiaramente, meno precisamente, però vediamo più pienamente, vediamo molto più lontano, vediamo le stelle distanti da noi migliaia di anni-luce, vediamo la nostra piccola vita nel contesto dell’immen­so universo, nel contesto della totalità della creazione.

Sono sempre stato affascinato dalla notte stellata. Negli anni dei miei studi liceali, spesso uscivo la sera tardi con un professore ed alcuni amici per guardare le stelle. Ci siamo comprati le piante del cielo, regolabili per ogni giorno, per poter individuare le diverse costellazioni stellari. Guardando le stelle mi sentivo grande, allora mi sembrava di vedere veramente, di vedere la verità circa la mia esistenza, di vedere cioè che la mia vita non è limitata a questa cittadina, a questa nazione, o alla terra, ma è inserita in un enorme, affascinante, stupendo, incantevole e immenso universo.

La fede è come la notte disseminata di stelle. Vediamo nella fede meno chiaramente, meno precisamente (ci sono tanti misteri, tante cose che non siamo capaci di comprendere), però vediamo molto più lontano, molto più pienamente, vediamo la nostra piccola vita nella prospettiva dell’eternità, della totalità della nostra esistenza.

b. Avendo davanti agli occhi questa grande prospettiva dell’eternità, della totalità della nostra esistenza, qualcosa necessariamente cambia nella nostra vita:

– Il nostro giudizio diventa più maturo, più pieno, e direi anche più realistico, in quanto prendiamo in considerazione non soltanto le piccole circostanze della nostra vita, ma la totalità della nostra esistenza.

– Cambia in noi la scala dei valori, la graduazione dei valori: molte cose alle quali la gente è tanto attaccata (ad es. la ricchezza, il potere, il prestigio) perdono il loro valore alla luce dell’eternità; invece altre, apparentemente piccole (come il perdono, la preghiera, il sacrificio, un atto di carità, di umiltà, ecc.), assumono grande importanza, perché queste determineranno la nostra vita nella prospettiva eterna. Gesù costantemente introduceva i discepoli a questa nuova scala o logica dei valori, ad es. dicendo: “colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,26-28; cfr Mc 10,43-45; Lc 22,26-27). Oppure: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà” (Gv 12, 25).

– Diventiamo più liberi, perché non ci lasciamo condizionare dalle piccolezze della vita terrena.

– Così la fede diventa anche una fonte di forza, rendendoci capaci: a) di rinunziare a molte cose della vita terrena, conoscendo il loro valore molto relativo; b) di affrontare con serenità, con tranquillità, le sofferenze, gli ostacoli e perfino la morte, rendendoci conto che la nostra vita è indistruttibile; c) di intraprendere sforzi per guadagnare i valori eterni, perenni, indistruttibili, quelli cioè che non si perdono, che “né tarma né ruggine consumano e ladri non scassinano e non rubano” (Mt  6,19-20; Lc 12,33), non soffermandoci soltanto sui valori che prima o poi si dissipano.

– Una tale fede diventa anche necessariamente una fonte di dinamismo cristiano e ci rende credibili ed efficaci nell’opera dell’apostolato.

3. Far maturare la fede

a. La fede – se qualcuno veramente la possiede e la vive – è una grande cosa, è un grande tesoro, essa è in se stessa una forza di vita spirituale, proprio per il fatto che apre davanti a noi questa immensa prospettiva della vita, la totalità della vita; e di conseguenza ci trasforma, cioè necessariamente cambia il nostro modo di vedere le cose, di giudicare, di agire.

Se noi siamo tanto deboli nella nostra vita spirituale, tanto poco trasformati dalla fede, tanto poco disposti a seguire Cristo in modo radicale, è anche perché nel nostro modo di vedere le cose, di giudicare, ci limitiamo solo a questa vita terrena, e perdiamo di vista la dimensione della globalità della nostra vita, prospettataci dalla fede.

Ho l’impressione che noi cristiani spesso ci comportiamo come pagani che esteriormente appoggiano la fede, che si pronunziano in favore della fede, perfino la difendono, ma non hanno il coraggio di gettarsi nella corrente della fede, di pensare e di agire secondo le categorie della fede. Ma la vera avventura della fede comincia proprio là, quando ci buttiamo nella corrente della fede, quando cominciamo a pensare ed agire coraggiosamente secondo la logica della fede.

Questa è stata proprio l’avventura della fede di Maria, questa è stata l’avventura della fede di San Giovanni Paolo II e di tutti i santi nonché la chiave della loro fecondità nella vita della Chiesa.

 

b. Sappiamo bene che la fede può crescere in noi, può, però, anche diminuire, può perfino sparire a causa della nostra negligenza. Ciò lo vediamo chiaro nei Vangeli:

‒ Dopo il miracolo in Cana di Galilea, ad es. San Giovanni nota: “e i suoi discepoli credettero in lui” (Gv 2, 11). Ma loro avevano già creduto prima, infatti hanno seguito Gesù. L’Evangelista voleva evidentemente dire che si è rafforzata la loro fede;

‒ Gesù ha più volte rimproverato perfino i suoi discepoli, perché erano “di poca fede”: ad es. quando durante la tempesta nel mare gridavano “Signore salvaci, siamo perduti!”, Gesù ha risposto: “Perché avete paura, gente di poca fede?” (Mt 8, 26; cf. anche Mr 4, 40; Lc 8, 25); a Pietro che, camminando sulle acque, si è impaurito ed ha cominciato ad affondare, ha detto: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (Mt 14, 31); ai discepoli, che hanno chiesto perché non sono riusciti a scacciare il demonio dall’epilettico, Gesù ha risposto: “Per la vostra poca fede” (Mt 17, 20); dopo la risurrezione “apparve agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto” (Mc 16, 14) (cf. anche  Mt 6, 30; 16, 8, Lc 12, 28);

‒ altre volte Gesù ha lodato la fede di qualche persona: del centurione di Cafarnao, che aveva implorato la guarigione del suo servo paralizzato, ha detto: “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande» (Lc 7, 9; cfr anche Mt 8, 10); similmente, la commovente scena con la donna cananea, si è conclusa con le parole di Gesù: “Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri» (Mt 15,28); molte volte Cristo ha indicato come causa della remissione dei peccati o della guarigione da qualche malattia proprio la fede: “la tua fede ti ha salvata” (cfr Mt 9, 2; 9, 22; 9, 29; Mc 2, 5; 5, 34; Lc 5, 20; 7, 50; 8, 48; 18, 42);

‒ gli Apostoli hanno chiesto a Gesù: “Aumenta la nostra fede” (Lc 17,5);

‒ Gesù ha pregato per Pietro, perché non venisse meno la sua fede e gli ha ordinato di confermare nella fede i fratelli (Lc 22,32).

Sì, la fede può crescere o diminuire in noi.  Ciascuno è responsabile per la crescita o la diminuzione della propria fede. La fede è una pianta delicata. Affinché sia viva e cresca in noi, bisogna coltivarla con cura: con la preghiera, con i sacramenti, con la parola di Dio, con lo studio, ma forse soprattutto con la vita secondo le esigenze della fede. Infatti, San Giacomo nota nella sua lettera: “La fede, se non ha le opere, è morta in se stessa” (Giac 2,17). Sì, la fede può vivere e crescere soltanto operando, e condividendola con gli altri.

Conclusione

Carissimi, non risparmiate le forze nel crescere costantemente nella fede. Abbiate il coraggio di pensare, di giudicare e di operare fino in fondo secondo la logica della fede. Accogliete il messaggio della fede che ci ha dato San Giovanni Paolo II. Allora la vostra vita e il vostro apostolato nel mondo di oggi non potranno rimanere infruttuosi. Infatti, come scrisse San Giovanni Apostolo, “Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede” (1 Gv 5, 4).

Con gli Apostoli invochiamo: Signore, “accresci in noi la fede!” E Tu Maria e San Giovanni Paolo II, pregate per noi!

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