i Margherita Coletta, moglie del carabiniere dei bambini, premiata a Bisceglie

Il ricordo dell‘attentato a Nassiriya del 12 novembre 2003 è ancora scolpito atrocemente nei ricordi di tutti. Morirono 16 militari italiani e due civili: che da tale atrocità possa essere scaturito un oceano di bene è un pensiero al quale si stenta a credere. Invece è tutto vero. A raccontarci cosa sia l’associazione Coletta che aiuta tutti i bambini in difficoltà nel mondo, dando loro la possibilità di vivere, mangiare, curarsi è Margherita Caruso, moglie del Brigadiere Giuseppe Coletta, il carabiniere dei bambini che in terra di guerra si dedicava ai più piccoli offrendo loro, nel suo piccolo, un modo vivere più dignitoso .

Bisceglie avrà l’onore di ospitare la signora Coletta il 16 maggio, occasione in cui riceverà il Riconoscimento Giovanni Paolo II, promosso nel ricordo di Papa Wojtyla per dare testimonianza della santità attraverso chi lo ha conosciuto o ne ha seguito l’esempio e gli insegnamenti.

Dopo Roby Facchinetti, il cantante Filippo Neviani (al secolo, Nek), l’attore Danilo Brugia (protagonista del musical “Non abbiate paura”di don Giuseppe Spedicato sulla vita di Wojtyla uomo e Papa), Chiara Amirante e Don Davide Banzato (rispettivamente fondatrice e guida spirituale della Comunità Nuovi Orizzonti), Mons. Marco Frisina (compositore degli inni a Giovanni Paolo II), Emanuele Filiberto e il vaticanista Francesco Grana, scopriamo il profilo di Margherita Coletta. Ecco come ha risposto alle nostre domande.

Come ha accolto la notizia de Riconoscimento?

«Appena ho ricevuto la notizia mi sentivo indegna perché è una cosa molto importante, ma se Dio ha voluto questo non posso che gioire».

Molto religiosa, questo l’ha aiutata in maniera determinante nella sua vita e sempre la fede l’ha spinta a dar vita ad una associazione filantropica

«Cristo è sempre al centro della mia vita, lo è stato e continuerà ad esserlo. L’associazione è nata purtroppo dietro una grande tragedia, la strage di Nasiriya del 2003, dove mio marito e altri 18 italiani tra militari e civili, persero la vita. Da quell’estremo dolore è emerso un bene immenso. Abbiamo fondato questa associazione per cercare di continuare ciò che Giuseppe aveva lasciato: aiutare i piccoli che sono in difficoltà in tutte le parti del mondo (soprattutto orfani). Operiamo in Burkina Faso dove abbiamo già realizzato un orfanotrofio, un piccolo ospedale, un refettorio e speriamo di fare tanto altro ancora».

Chi era il brigadiere Coletta?

«Era il brigadiere del sorriso e dei bambini, nonostante le sofferenze che abbiamo passato (avevamo perso un bambino di leucemia all’età di sei anni, motivo per cui il suo animo era molto provato), tuttavia non ha chiuso in sé il dolore che portava dietro, ma si è aperto agli altri bambini: così quando andava in missione di pace o quando era qui in Italia nel sorriso di quei piccoli che aiutava cercava di vedere quello di Paolo, nostro figlio.

La sua generosità non si è esaurita con la dipartita. Quando lui era in Nasiriya gli chiesi di portarmi da San Giovanni Paolo II quando sarebbe tornato e lui mi disse che sarebbe stata la prima cosa che avremmo fatto al suo ritorno. È accaduto invece che mentre le bare dei ragazzi giungessero a Ciampino, io ero nella sala Nervi ad abbracciare il Papa, proprio in quel giorno di estremo dolore. Lui non c’era ma aveva mantenuto la promessa».

Ha poi rincontrato Giovanni Paolo? «Si, dopo la strage insieme alle altre vedove, quando abbiamo donato un quadro con raffigurati tutti i 18 ragazzi. Mentre ero lì, anche se non ero lucida, in quel momento di dolore vedevo questa luce che lo avvolgeva, questa sua maestosità e quella forza con e senza parole trasmessa a chiunque gli era vicino: attraverso lo sguardo riusciva a dire tante cose. Mi ha lasciato un grande insegnamento di coraggio, di verità e di accettazione del dolore».

Alle donne come lei che hanno vissuto un grande dolore cosa sente di dire?

«Il dolore sembra possa schiacciare, ma se tutto questo viene vissuto alla luce di Cristo non sarà così. Lui riesce a trasformare il dolore in occasione di amore. Penso alle donne che soffrono come madri, come ho sofferto io, a loro rivolgo questo messaggio: vivete il dolore con Gesù accanto, è lui la nostra grande forza».

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